NON DIVAGHIAMO
Dal 2000 sono affogati lungo le rotte dei Mediterraneo almeno 45.000 migranti, più di duemila l'anno. È lo stesso mare in cui si bagnano ogni estate decine di milioni di turisti, le stesse rotte solcate dai palazzoni multipiano delle navi da crociera. Barconi e ombrelloni, naufraghi e crocieristi: non lo si ripeterà mai abbastanza, questa società del capitale ha fatto della barbarie un'abitudine di massa.
C'è dell'altro, oltre all'inadeguatezza cialtrona della loro politica, oltre la faccia feroce di un governo che si trova a balbettare davanti alle vittime dei naufragi, oltre le rampogne ipocrite dell'opposizione, che quand'era al governo lei si è comportata allo stesso modo, riconsegnando decine di migliaia di sventurati ai loro carcerieri in Libia. C'è che anno dopo anno si è costruita nell'indifferenza un'apartheid di fatto, con milioni di lavoratori di origine straniera confinati alle mansioni più ingrate in regime di segregazione salariale. Badanti ucraine o ecuadoriane, muratori rumeni e marocchini, braccianti africani, manovali e operai bengalesi o senegalesi. E poi inservienti, operatori sanitari, addetti alle pulizie o alla logistica, di ogni etnia e nazionalità. Fanno parte del panorama sociale delle città e delle campagne come un'ovvietà, invisibili perché sotto gli occhi di tutti, senza però che ci si dia davvero pena della disparità di retribuzione, dell'accesso a case dignitose, del calvario dei ricongiungimenti famigliari o delle angherie burocratiche per i permessi di soggiorno. Ancora: l'inverno demografico va rendendo obbligato il ricorso ai migranti anche per le mansioni qualificate; le potenze invecchiate dell'Occidente sono già in concorrenza per accaparrarsi la manodopera importata. Eppure i partiti della loro politica restano a caccia di facili consensi elettorali, e non rinunciano a cavalcare le paure xenofobe più odiose.
Non si può accettare una società che ha fatto della barbarie una banalità della vita quotidiana. Lottare per l'unità e la difesa di classe, battersi per una società realmente umana.